Itinerario Valle Arrosia - Mendatica

Mendatica

Nel cuore delle Alpi Liguri, a circa 2000 metri, nasce un corso d’acqua breve e impetuoso che corre rapido verso il mare e termina nel fiume Centa, nei pressi di Albenga. Quel torrente è l’Arroscia, che nei secoli ha scavato la valle omonima e che con le sue acque, non lontano dalla sorgente, ha creato uno degli angoli più suggestivi e meno conosciuti di questi luoghi, le cascate dell’Arroscia. E se oggi sono meta di escursioni per tutti (il sentiero non è impegnativo e adatto anche ai bambini), un tempo la stessa mulattiera che sale alle cascate era uno degli snodi principali dell’economia locale, fondamentale via di collegamento verso Poilarocca e le altre malghe. Partendo dal centro di Mendatica si imbocca il sentiero per le cascate dell’Arroscia e dopo pochi minuti di cammino si incontra la chiesetta di Santa Margherita. La facciata presenta un portale datato 1512 e decorato con un cristogramma e i busti dei committenti. Con molta probabilita venne eseguito dalla scuola di lapicidi provenienti dalla non lontana Cènova, attivi in tutta la vallata (e non solo) a partire dal XV secolo. L’interno, a navata unica, conserva un ciclo di affreschi che raffigurano “Vita e Passione di Cristo”, attribuiti al pittore cinquecentesco Pietro Guido da Ranzo. L’antico sentiero si sviluppa in un primo tratto aperto sulla valle, dove sono frequenti gli avvistamenti di rapaci, e poi prosegue nel bosco, tra castagni, carpini e pini silvestri. La strada oltrepassa il ponte sul Gruppin, un antico ponte di pietra ancora oggi funzionante, testimone dell’importanza di questo sentiero. Dagli affioramenti della Rocca Gianca il torrente affronta una serie di salti spettacolari, alti anche 20 metri, dove l’acqua salta e ribolle impetuosa: sono le cascate dell’Arroscia, che si possono raggiungere anche dal passo Luppa (se si vuole arrivare alla base, ma la strada non è facilissima) o dal passo Serena (che consente di avvicinarsi al salto più spettacolare).
Poco sopra le cascate, proseguendo lungo la stessa mulattiera, si incontra Poilarocca, una malga totalmente abbandonata. Diventata ormai un paese fantasma, uccisa dalla fine di un certo tipo di vita e di economia e dalla mancanza di una strada carrabile, Poilarocca fu una delle malghe più ricche e popolose e conserva il suo fascino incantato, fermo a un tempo che fu (ma anche in lento, inesorabile declino). Tra tetti sfondati e muri pericolanti, il paese conserva ancora oggetti di vita quotidiana lasciati qui e là nelle case, una bella fontana (ormai senz’acqua) e persino una chiesetta. Pastori e contadini, per sfruttare al meglio i terreni e avere il necessario per vivere durante tutto l’anno, in estate si spostavano in modo comunitario in insediamenti stagionali, le malghe, per continuare le loro attività in alta quota. Le malghe del ponente ligure sono frutto del lavoro collettivo della comunità, diversamente dagli alpeggi o dalle malghe alpine abitate da singole famiglie quasi in isolamento.
La camminata fino alle cascate dura circa un’ora ed è accessibile a tutti. La cooperativa di comunità Brigì (un bell’esempio di sviluppo sostenibile, che ha permesso a un gruppo di ragazzi del luogo di rimanere a Mendatica per lavorare e allo stesso tempo conservare la cultura e il territorio della comunità) organizza diverse escursioni guidate, anche in compagnia degli asini.